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Convegno a Lecce

15 maggio 2008

Committenza ecclesiastica e sistema dell'arte oggiMission del Convegno nazionale di Lecce (15 maggio 2008) Chiesa San Giovanni battista via Libertini Lecce

L'Accademia di Belle Arti di Lecce, nell'ambito del Master di II livello "arte per la liturgia" per studenti dell'Accademia e di Architettura e finanziato dalla Regione Puglia (POR), ha promosso il Convegno Nazionale "Committenza ecclesiastica e sistema dell'arte oggi" organizzato dal Prof. arch. Stefano Leopizzi, coordinatore del Master.

Il Convegno, con il patrocinio dall'Ufficio Nazionale per i Beni Culturali Ecclesiastici della CEI, tenta una sintesi su un punto nevralgico del rapporto tra committenza ecclesiastica e sistema dell'arte oggi.

Il nervo scoperto riguarda il problema di come si possa comporre l'ineluttabile coinvolgimento di due ambiti assai vicini, che hanno avuto rapporti controversi e che peraltro attraversano un momento di crisi di identità. L'originalità del Convegno di Lecce è di mettere a tema esattamente questo rompicapo.La storia della Chiesa in Occidente, nonostante la crisi iconoclasta e la divisione con la Chiesa d'Oriente, non ha mai smesso di tenere in somma considerazione l'arte e l'architettura. Il patrimonio d'arte della Chiesa è una testimonianza inequivocabile sullo stretto tra arte e fede perché entrambe agiscono nella trama della simbolizzazione del mondo.Il momento più critico di questa lunga frequentazione è avvenuta nella prima metà del XX secolo. Come rileva in modo puntuale il sussidio "Spirito Creatore" (1997) dell'Ufficio Nazionale per i Beni Culturali ecclesiastici della CEI nella prima metà del secolo vi è stato un clima di "incomprensione e di polemica aperta. La Chiesa si sentiva tradita dall'arte moderna e d'altra parte gli artisti teorizzavano il distacco dalla Chiesa come un fattore di emancipazione e di rinnovamento dei linguaggi. Nella seconda metà del secolo la situazione è un po' migliorata in seguito al dialogo aperto con gli artisti favorito dal Vaticano II e per il mutato atteggiamento degli artisti più disponibili con la committenza ecclesiastica. "Resta il fatto, recita il documento, che i rapporti tra la Chiesa e le arti erano entrati in crisi già a partire dalla seconda metà del XVIII secolo non tanto in relazione a questioni di rinnovamento linguistico, ma per ragioni più radicali relative al senso stesso tra arte e religione". Le domande cruciali che il documento stesso sottolinea sono: "Quale significato hanno le arti in relazione all'identità, alla espressione e alla comunicazione della fede? Quale significato sostanziale ha la religione cattolica per lo sviluppo dell'arte, considerata come disciplina creativa autonoma?".

L'incrocio tra le due realtà è problematico perché entrambe hanno sofferto e soffrono di una specifica crisi di identità. I l cristianesimo è in crisi sostanzialmente perché sono in crisi i suoi linguaggi simbolici. Per un'evoluzione storica, che non possiamo qui ricostruire ma che è stata ampiamente indagata, il cristianesimo occidentale ha preso la via dottrinaria e la via morale piuttosto che la via esoterica ed estetica, con il risultato di una crisi sacramentaria, che ha i suoi esordi già in epoca tardo-imperiale.

Il "pregiudizio fonetico" di Agostino, come dice Todorov, ha lentamente sgretolato la disciplina dell'arcano dei Misteri cristiani. La razionalizzazione del Sacrificio inoltre secondo Stroumsa ha dato il via al Cristianesimo della Parola e della ragione cartesiana. La proliferazione delle opere d'arte in occidente non deve trarre in inganno perché ha prevalso il valore didascalico e ideologico della fede, piuttosto che l'intimo raccordo con la fede. Il Vaticano II con la riforma liturgica ha imboccato questa direzione quando ha immesso i linguaggi dell'arte e dell'architettura nell'essenza stessa dell'azione liturgica, per cui l'arte e l'architettura non possono essere messe ai margini pena l'inefficacia performativa del sacramento.

L'intuizione conciliare ha trovato molta resistenza pastorale perché il razionalismo della fede ci ha convinto, in quanto, come dice Susanne Langer, ci rende come dei verificatori ferroviari tesi a tener sgombro il discorso dogmatico. In questa crisi dei linguaggi simbolici della fede non ci ha aiutato il mondo dell'arte alle prese anch'esso con la necessità di rinnovare i linguaggi estetici dal manierismo stucchevole e senza anima.

"L'arte contemporanea? È passata dalla ‘merda da camera' alla merda su scala industriale", sentenzia Achille Bonito Oliva, in seguito all'arrivo al Museo Pecci di Prato nell'ottobre del 2003 l'opera Cloaca turbo, una gigantesca "macchina digerente" in vetro e acciaio, lunga 16 metri in grado di mangiare 125 pasti al giorno e di produrre 40 chili di feci.

Da quando nel 1917 a New York alla Society for Independent Artists' Exhibition M.Duchamp presentò un orinatoio di porcellana bianca con il titolo "R.Mutt" e, pur avendo pagato la quota di sei dollari, non fu ammesso con la motivazione che non era "in base a qualunque definizione, un'opera d'arte", è deflagrato il problema dell'arte. Il "caso Richard Mutt" rimbalzò sulla rivista "The Blind Man", che obiettava alla tesi che si trattava di "un semplice pezzo di idraulica" con una diversa teoria: "Che il Signor Mutt abbia fabbricato la fontana con le sue mani oppure no non ha importanza. Egli l'ha scelta. Ha preso un oggetto della vita quotidiana, lo ha collocato in modo che il suo significato utilitario scomparisse sotto il nuovo titolo e punto di vista – ha cerato un nuovo pensiero per quell'oggetto".

Da allora l'arte non ha più avuto pace perché ha dovuto destreggiarsi dall'accusa della presa in giro, alla pazzia di prezzi iperbolici e immotivati.In questo contesto il rapporto con la religione è diventato ancora più improbabile. Una voce per tutte è Alain Besançon.

Lo studioso francese è critico soprattutto verso l'arte concettuale, secondo la quale è l'artista a decretare cosa è arte e cosa non lo è, secondo la quale si può disegnare un orinatoio e chiamarlo fontana: "Questa forma di arte può essere analizzata, da un certo punto di vista, come un passaggio all'artista del privilegio sacerdotale di operare la transustanziazione del pane e del vino nel corpo e nel sangue di Cristo.

Anche se si tratta di operazioni fatte in uno spirito di derisione e di sacrilegio, questo atto è una delle numerose vie contemporanee attraverso le quali il sacro diserta il prete e la chiesa e si sposta verso l'artista e verso il museo. È l'artista che fa diventare arte ciò che vuole, perché si attribuisce la capacità di vedere l'assoluto" . In maniera ancora più cinica Tom Wolfe sostiene: "Circa 750 intellettuali a Roma, 500 a Milano, 1750 a Parigi, 1250 a Londra, 2000 a Berlino, Monaco e Düsseldorf, 3000 a New York e forse 1000 sparsi nel resto del mondo conosciuto.

Questo è il mondo dell'arte, approssimativamente 10.000 anime – un piccolo villaggio! - , ristretto ai beaux mondes di otto città" .È possibile ancora un'arte sacra? È possibile che arte moderna e linguaggi della fede possano ancora andare insieme? A quali condizioni?È la trama ambiziosa del convegno di Lecce, che ha chiamato esperti ed artisti per pronunciarsi e dare indicazioni per il futuro.

Roberto Tagliaferri

Documento creato il 01/05/2008 (16:20)
Ultima modifica del 22/05/2008 (12:02)

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